L’attuazione dell’iniziativa ha infatti confermato il suo “peccato originale” frutto di un triplice errore: la scelta della data dell’incontro nel corso di una accesa campagna referendaria con una partecipazione limitata ai soli “studenti in età di voto”, il ruolo di relatore affidato a noti esponenti partitici e non a studiosi del mondo della cultura in generale con particolare attenzione a quella giuridico-costituzionale nonché, nell’ambito di tale discutibile opzione, l’attribuzione di siffatto ruolo solo a esponenti di due forze politiche (Pd e Forza Italia) con l’esclusione quindi di consistenti aree dello scacchiere politico.
Un incontro cosiddetto di studio che è apparso sbilanciato nella impostazione, guidato esclusivamente dalle logiche di due parti politiche e largamente preconfezionato nelle domande e negli interventi del previsto dibattito.
Una pagina non edificante della meritoria e feconda storia della Scuola brindisina che va malinconicamente accantonata nella fiducia che tale Scuola continuerà a portare avanti il suo proficuo lavoro all’insegna dei principi costituzionali che disegnano una comunità scolastica e un insegnamento che si nutrano di cultura e di partecipazione.
A una cosa è però servita l’iniziativa dell’Ordine forense: ad aprire un’utile discussione sull’esigenza di assicurare, superando qualche silenzio e qualche malintesa interpretazione dell’autonomia, al servizio della Scuola pubblica quella “imparzialità” che l’art. 97 della Costituzione prescrive per tutte le attività della Pubblica Amministrazione.
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