APIS MELLIFERA
In quei giorni o sere o notti,
ricordo quasi d'un morto,
un'arnia in cima all'albero della vita
cantava d'api bottinatrici
e tutto l'azzurro a cera e nettare
quasi s'incollava.
E la foresta era di pietra.
L'anima un favo
con i suoi buchi vellutati di miele
e la meraviglia di architetture sospese
tra gli spazi di un sogno
narrato nel nostro cammino.
E la foresta era di ossa.
Ferormoni portavano labbra a suggere
là dove polline luccicava al sole,
ed erano danze che gridavano
c'è cibo per l'anima e la vita,
danze circolari e dell'addome
attorno a resede, forse a stelle
lontane lontane nel sogno
vissuto dalla nostra unione.
E la foresta era vapore.
I pungiglioni li sradicavamo dalla carne
per delle liberazioni,
e dentro le grotte dell'esistenza sul monta Ida
io ero Zeus nutrito dal miele
di sciami di api operaie.
E la foresta era di fuchi e parole.
Poi i calabroni uccisero le api,
gli alveari caduti
nel rancido sottobosco autunnale.
Fu quando tu sciamando, ape regina,
arasti con i tuoi tacchi
un prato di ellebori e bergenie,
o quando fumo di spari sterilizzò i solchi
dove nasceva la dolcezza del mondo.
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