ANNO XVIII Novembre 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Mercoledì, 25 Ottobre 2017 15:33

Venezuela, i vescovi: la vittoria di Maduro ha reso più difficile la soluzione della crisi

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In una dichiarazione la Conferenza episcopale rifiuta l’esito delle elezioni regionali del 15 ottobre. E in dodici punti spiega perché

Caracas (Venezuela) - In una dichiarazione di dodici punti, la Conferenza episcopale del Venezuela rifiuta sostanzialmente l’esito delle recenti elezioni regionali - ampiamente vinte dal presidente Maduro, le forze del “chavismo” e i loro piccoli alleati la scorsa domenica 15 ottobre - appellandosi a diversi argomenti.

Scrivono i presuli: «Siamo preoccupati poiché queste elezioni, anche se hanno avuto la partecipazione di gran parte dell’elettorato, lungi dal contribuire al rafforzamento delle istituzioni democratiche attraverso il voto libero, universale ed equo, hanno reso ancora più difficile la soluzione consensuale dei problemi che ci hanno afflitto, hanno generato nuovi dubbi e domande e hanno aperto la porta a maggiori tensioni e conflitti per quanto riguarda il futuro del nostro Paese». 

I vescovi affermano di aver rilasciato questa dichiarazione perché hanno sentito il bisogno di inviare «un messaggio di vicinanza e solidarietà al popolo venezuelano... con il quale condividiamo gioie e dolori quotidiani e soffriamo le conseguenze drammatiche della profonda crisi etica, politica, sociale ed economica che colpisce tutti, ma soprattutto i più poveri». A questo popolo l’episcopato assicura «preghiera e impegno a continuare a contribuire», come pastori del popolo di Dio, «al bene comune della nostra nazione». 

Nella sua analisi l’episcopato venezuelano ricorda i fatti più rilevanti della crisi del Paese così come l’opinione pubblica mondiale li ha conosciuti nell’ultimo anno e poi sottolinea le ragioni per cui hanno sostenuto la partecipazione del popolo ad elezioni organizzate da un governo da tempo considerato illegale: «Di fronte a questa realtà conflittuale, l’elezione dei governatori il 15 ottobre, nonostante la diffidenza che hanno generato in alcuni settori, fu per molti una luce sulla strada e un motivo di speranza». 

Dalle stesse parole dei presuli è chiaro che non è andata come loro e i partiti credevano, e perciò l’esito finale - 17/18 governatori per il governo e 6/5 per le opposizioni - in qualche modo ha sorpreso e paralizzato le organizzazioni sociali e partitiche contrarie al regime civico-militare venezuelano. È palese che le opposizioni non si aspettavano questo risultato, anzi. La reazione, non riconoscere legittimità e regolarità democratica alla consultazione, è comprensibile, ma va detto che sino a questo momento l’opposizione non ha presentato prove certe, inequivocabili e convincenti della frode di Maduro e non sarà facile farlo. In realtà l’errore dell’opposizione è stato quello di prendere parte a elezioni dove era evidente che non si dovesse partecipare poiché già nella loro convocazione era insita la frode. 

I vescovi criticano il Consiglio nazionale elettorale, che «si è mostrato ancora una volta come un arbitro parziale, al servizio del Partito ufficiale» e poi denunciano: «Sono numerose le irregolarità commesse nell’implementazione del processo elettorale: il fatto di impedire alle organizzazioni politiche di sostituire i candidati come previsto dalla legge, lo spostamento all’ultim’ora degli elettori verso altri centri elettorali, la mancanza di pluralismo tra gli osservatori internazionali, gli abusi nel voto forzato».  

«La somma di irregolarità», conclude il documento della Conferenza episcopale, in particolare «l’uso di mezzi e risorse dello Stato per fare propaganda» hanno condizionato pesantemente l’esito finale del voto. Ad ogni modo, precisano i presuli, quanto accaduto non deve «condurci alla perdita di credibilità e fiducia nel potere del voto come via per una soluzione pacifica e democratica per i cambiamenti urgenti di cui ha bisogno il Paese. Non si può prescindere dalla via elettorale! Non lasciamoci rubare la speranza».  

Da qui l’appello conclusivo alle autorità civili e militari affinché «si impegnino a restituire al popolo sovrano l’esercizio libero e giusto del voto e ad assicurare la totale trasparenza del processo, dalla convocazione fino alla pubblicazione dei risultati». 

Dopo la presa di posizione dell’episcopato il governo venezuelano, tramite le autorità dell’assemblea costituente, ha chiesto ai cinque governatori che hanno vinto con il sostegno dell’opposizione di presentarsi a prestare giuramento presso quest’organismo che, ovviamente, loro non riconoscono. I neo governatori per ben due volte non si sono presentati e dunque il governo, ieri, ha minacciato di dichiarare «decaduta» la loro elezione. Julio Borges, presidente del Parlamento o Assemblea nazionale, organismo che di fatto Maduro non riconosce, ha dichiarato che gli eletti dell’opposizione non accettano nessun ultimatum da parte di un potere illegale e illegittimo come l’Assemblea costituente. 

E qui si è ancora una volta, come è già accaduto decine di volte in passato, daccapo… Tutto si blocca e si chiudono tutte le vie. Se i governatori dell’opposizione non accetteranno di prestare giuramento davanti alla Costituente non potranno assumere il loro incarico e dunque il governo nominerà d’ufficio i loro sostituti seppure in modo illegale. A quel punto le opposizioni, che già contestano le regionali del 15 scorso toglieranno ogni residuo sostegno al processo elettorale che si era pensato come la base per un possibile dialogo. 

Forse è vero quanto ci ha confessato un vescovo venezuelano pochi giorni fa: «Quella del Venezuela non è una crisi, è una maledizione!».  (Luis Badilla - Francesco Gagliano – La Stampa)

 

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