Le riserve venezuelane si sono ridotte dalla quantità di $37.440 miliardi nel 2006 a $9,86 miliardi di cui solo 500 milioni sono in contanti e il resto è in oro. Il debito complessivo è impagabile e per evitare il default, Maduro svende quel che resta del paese alla Russia e alla Cina che, già di per sé, si sono impossessate di incalcolabili riserve minerarie presenti nel territorio venezuelano, come il coltan e l’uranio.
Nel frattempo, il popolo venezuelano è ridotto allo stremo e almeno l’80% delle persone vive in povertà. Il cibo e le medicine scarseggiano in tutte le regioni del paese. Basandosi sull’intervento in tutta l’attività economica, le espropriazioni di tutte le industrie nel paese e la politicizzazione dell’azienda petrolifera PDVSA i cui fondi vengono usati per il finanziamento di campagne elettorali e al pagamento dei militanti del partito di governo, la politica economica di Maduro ha reso il Venezuela un paese improduttivo che dipende delle importazioni per poter sopravvivere; per non parlare di un’inflazione che ha raggiunge il 2000%
Il mancato sviluppo in un paese che ha visto circolare ingenti quantità di risorse, come quelle provenienti dal petrolio quando si attestava agli oltre 100 dollari per ogni barile (e che ora si mantiene attorno i 54 dollari) dimostra come ha agito la classe dirigente venezuelana negli ultimi anni: Da un lato si sono arricchiti con la produzione del petrolio e dall’altro, si sono indebitati all’estero per non rendere molto evidente lo svuotamento delle casse dello Stato.
Il prossimo 13 Novembre si terrà una riunione a Caracas tra Maduro e i creditori internazionali per ‘ristrutturare il debito’ e intanto, verrà fatta circolare la nuova banconota di 100.000 come prova dell’inflazione in un paese dove ci vogliono 200 salari minimi per arrivare a fine mese. Lo sanno tutti, prima o poi il default ci sarà e come sempre, la pagheranno i cittadini che di tutti questi miliardi di dollari non hanno percepito nulla.
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