ANNO XVIII Aprile 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Martedì, 02 Ottobre 2018 07:08

Nel mondo ogni minuto 20 persone sono costrette a fuggire

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Alla fine del 2016 erano 65,6 milioni con un aumento di 300.000 casi rispetto all’anno precedente. Oltre 40 milioni sono gli sfollati in­terni e 22,5 milioni i rifugiati. La metà è rappre­sentata da bambini.

 Ai disinformati e seguaci delle sirene governative va precisata la parola "sfollati interni" che rappresenta lo sforzo dei paesi poveri a risolvere all'interno i problemi tra Stato e Stato, è ben altro rispetto all' invasione dell'Europa. A chi ci accusa di essere di parte, altra sirena del palazzo, va risposto che il giornalismo è sempre all'opposizione di ogni governo, perchè è compito nostro verificare la realtà al di là della sterile propaganda. Torniamo a sciorinare la verità dei dati. 

Il 55% dei rifugiati di tutto il mondo proviene da tre Paesi: Siria, Afghani­stan, Sud Sudan. Con quasi 3 milioni di rifugiati la Turchia è il Paese che ne ospita di più. I Paesi che hanno ricevuto il maggior numero di richie­ste d’asilo nel mondo nel corso dell’anno 2016 sono la Germania e gli Stati Uniti.

È fuor di dubbio, osservando i dati, che la propaganda-continua sul tema dei migranti ha creato una paura nell’elettorato che si è riversato sulle forze che ora governano sfuggendo dalla comprensione della realtà. Difatti, ostentando la buona politica, già nel 2016 a livello di Unione europea, le richieste di pro­tezione internazionale confermano un trend negativo con 1.259.955 domande (-4,8% rispetto all’anno precedente). Il documento della commissione per le libertà civili del parlamento europeo, in questo rapporto dello scorso anno, parlava delle ulteriori flessioni a fine 2017, dovuta tra l’altro alla significata di­minuzione dei flussi dalla Libia a seguito del­l’accordo. I primi 6 mesi del 2017 hanno confermato questa previsione con il 43,3% di domande in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Era anche il frutto dell'ultima parte del governo Gentiloni e del lavoro fatto dal ministro Minniti. Come vedete, all'inferno Renzi, salviamo Minniti. Questa è ancora verità. 

La Germania rimane il primo Paese per numero di richieste con oltre 745 mila casi, seguita a grande distanza dall’Ita­lia con circa 123 mila casi, dalla Francia con 84 mila e dalla Grecia con 51 mila. Questi 4 Paesi insieme totalizzano il 79,6% delle richieste di protezione internazionale presentate nell’Unione europea nel 2016. Da notare che la Germania è al primo posto anche per incidenza di richieste di asilo sulla popolazione residente (9) mentre l’Ita­lia è al decimo posto (2) ogni mille abitanti. Quasi tutti i Paesi dell’Europa centro orientale, a conferma delle politiche nazionali di chiusura, hanno visto di­minuire sensibilmente le richieste con punte del -83,4% in Ungheria. Nel 2016 la Siria (342mila), l’Afghanistan (190mila) ed l’Iraq (131mila) sono risultate le prime tre nazionalità per numero di richieste in Europa, seguite da Pakistan, Iran ed Eritrea.

Evi­dentemente l’accordo con la Turchia ha sortito i suoi effetti se si considera che in un anno l’ar­rivo di siriani è diminuito. I dati relativi al 2017 confermano un ulteriore, sensi­bile, diminuzione. Anche con l’Afghanistan è stato firmato un accordo da parte dell’UE per contenere i flussi irregolari e facilitare i rimpatri. Nella UE l’incidenza di decisioni positive circa la richiesta di una forma di protezione interna­zionale è stata, nel 2016, del 60,8% con tassi superiori all’80% a Malta e in Slovacchia (so­prattutto protezione umanitaria) e inferiori al 25% in Grecia ed Irlanda con punte dell’8% in Ungheria. Sul totale delle richieste, il riconosci­mento dello status di rifugiato è stato dato al 54,5% dei casi, seguito dalla forma di protezione sussidiaria con il 38,3%. Il restante 7,2% sono stati umanitari. I dati parziali del 2017 mostrano una significativa riduzione dei casi di riconosci­mento di una qualsiasi forma di protezione.

“Il disvalore che oggi rappresenta la solidarietà è dovuto certamente al degrado del contesto storico, so­ciale e politico nel quale tutte quelle certezze che avevamo consolidato nel tempo, sembrano ormai vacillare.” Cosi parla il rapporto migrantes della Commisione Europea per i diritti civili. "Negli ultimi decenni siamo stati testimoni di una umanità in fuga da guerre, conflitti, persecuzioni e spesso, contestualmente dalle crisi ambientali. Il contraltare di tutto ciò è la percezione di una diffusa insicurezza economica e sociale legata ai migranti, la paura degli attacchi terroristici e l’incapacità dei governi at­tuali di garantire sicurezza ai propri cittadini, sono elementi chiave sui quali questi movimenti tentano di costruire la loro popolarità in Europa."

 

È una situazione che non ha solo con­seguenze sul piano politico elettorale ma anche sulla tenuta dei territori. I migranti, chiunque essi siano, vengono sempre più percepiti come una minaccia in quanto stranieri.

Le varie iniziative che hanno caratterizzato l’Agenda europea sull’immigrazione nel 2017 e più recentemente. il vertice di Tallin della scorsa primavera, hanno esplicitato la strategia dell’Europa verso il fenomeno migratorio. La Commissione Ue presentando il Piano d’azione per alleviare la pressione sull’Italia ha ribadito il suo impegno verso l’immigrazione e i migranti, ma in un direzione che purtroppo va quasi esclu­sivamente nel senso di bloccare in Nord Africa i flussi verso l’Europa. E nonostante gli Stati membri siano stati sollecitati a contribuire maggiormente al Fondo per l’Africa, ad accele­rare i ricollocamenti dall’Italia, ad andare avanti sulla riforma del regolamento di Dublino, nulla o quasi abbiamo visto su questo fronte.

 

A settembre 2017 il numero totale di ricollo­camenti effettuati dall’inizio del programma nel 2015, quando si prevedeva di coinvolgere 160 mila profughi, era di appena 28 mila persone: la Slovacchia ha accettato solo 16 dei 902 richiedenti asilo che le erano stati assegnati, la Repubblica Ceca invece solo 12 su 2.691, la Spagna soltanto il 13,7% della quota stabilita, il Belgio il 25,6%, l’Olanda il 39,6% e il Portogallo il 49,1%. Un fallimento che ha visto i paesi di Visegrad prendersi gioco di Bruxelles con il premier ungherese Orban che non solo si è rifiutato di ospitare i profughi ma, con il suo collega slovacco, ha anche fatto ricorso alla Corte di giustizia europea contro il programma di ricollocamento. Il 6 settembre, però, la Corte ha respinto il ricorso.

Provare ad allargare lo sguardo significa innanzitutto elabo­rare proposte in grado di rimettere al centro le persone e la loro dignità, sottraendole da chi specula sul loro destino pri­ma, durante e dopo il viaggio. Non è più tempo di finzioni ma di azioni concrete che devono poter contare su un accordo globale sui migranti e i rifugiati, capace di tenere insieme le esigenze e le istanze di tutti per migliorare la protezione dei popoli in fuga, prima di ogni altra cosa.

 

La risposta del Governo non può essere solo quello di scuotere l’Europa per spingerla ad affrontare insieme la sfida solidale, ma di difendere e rafforzare il ruolo europeo in direzione dell’Africa. E poi cosa significherebbe smantellare il sistema SPRAR?

il sistema SPRAR con risultati incorag­gianti se si considera che oggi i comuni che accolgono sono oltre il 40% del totale quando solo un anno fa erano 1000 in meno. Anche i numeri dei posti nello SPRAR hanno registrato un importante incremento in termini assoluti passando da 26 a 30 mila. Seppur vi sia consapevolezza che l’obiettivo di un sistema unico sia ancora lontano, si sta lavorando, anche con il sostegno delle realtà del terzo settore, affinché si possa giungere il prima possibile a questo ambizioso traguardo. Un impegno condiviso e congiunto, che basa le sue fondamenta sull’accordo in conferenza unificata del 2014 ma soprattutto sul Piano di ripartizione - concordato da ANCI e Ministero dell’Interno - e sulla direttiva ministeriale dell’ 11 ottobre 2016 contenente la cd. “clausola di salvaguardia”. Grazie a questi strumenti si sono sviluppati a livello territoriale incontri a carattere sistematico attraverso i quali i Prefetti hanno av­viato un dialogo stabile con i Sindaci per concordare numeri e modalità dell’accoglienza. È stata, dunque, inaugurata, in questo senso, una nuova modalità di concertazione, di dialogo e partecipazione, su un tema di forte impatto tanto per i be­neficiari accolti che per le comunità accoglienti.

Come si vede una risposta ampia, politicamente corretta, plurale come impegno. Non la spiccia, frettolosa politica salvianana che smantella, chiude, arretra. La disarmonia economica del pianeta non consente più semplicismi e superficialismi, ma analisi serie e non giudizi a ghigliottina. (rapporto redatto sulla base della Sintesi Protezione 2017)

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