L’esposizione, allestita presso l’Ecomuseo del Freidiano, in via Ariosto 36 bis, resterà aperta fino al 17 marzo. La mostra ripercorrerà, soprattutto, i flussi migratori verso la città di Wolfsburg, dove ben un quarto degli attuali 120.000 abitanti è di origine italiana. I propulsori di questa bella iniziativa del titolo “L’Italia negli occhi” sono Rocco Artale, presidente della comunità abruzzese di Wolfsburg, Morena Antonucci, pittrice e Aldo Corgiat, presidente della Fondazione ECM.
Rocco Artale, rappresentante per la Germania nel CRAM (Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo) e già amministratore civico della città di Wolfsburg e cittadino onorario, con il supporto della locale comunità e con certosina pazienza ha raccolto una notevole mole di materiale fotografico e documentale che verrà esposto e a cui ha dato titolo “Buona fortuna”. Vi viene raccontata la storia dell’emigrazione italiana soprattutto degli anni ’60 nella città della Volkswagen dove fin dagli anni ’30 iniziarono ad arrivare italiani. E’ un materiale prezioso e di fondamentale importanza per il mantenimento del ricordo di quanto nel corso degli anni è successo a quei milioni di italiani che hanno preso la via dell’emigrazione. Via percorsa fino in fondo e, spesso, coronata da successi professionali inimmaginabili nell’Italia della disoccupazione e dell’arretratezza economica e questo è importante da ricordarsi perché l’emigrazione per molti nostri connazionali ha rappresentato anche il riscatto da un opprimente e soffocante passato che impediva loro di sviluppare le proprie capacità.
A questa prima sezione dell’esposizione si affiancano i 14 dipinti su tela opera di Morena Antonucci che vogliono rappresentare l’emigrazione al di fuori dei tradizionali e talvolta stantii schemi. Queste opere, patrimonio della città di Wolfsburg, sono esposte per la prima volta al di fuori della Germania e tentano di far emergere aspetti talvolta sottovalutati del complesso fenomeno dell’emigrazione che non sempre e non solo si caratterizza per gli inevitabili aspetti luttuosi della separazione dai luoghi in cui si è cresciuti e dove si sono intrecciate le prime, importantissime relazioni interpersonali. Emigrazione ha significato e continua a significare anche, forse soprattutto, scoperta di nuovi ambienti e nuovi orizzonti culturali, sociali, economici con cui confrontarsi, arricchirsi e l’inserimento in un diverso tessuto sociale passa attraverso la contaminazione culturale non necessariamente vissuta sempre e soltanto come traumatica ma anche come arricchimento.
La mostra è organizzata anche da Aldo Corgiat, presidente della Fondazione ECM di Settimo Torinese. Non a caso questa città alle porte di Torino si è fatta co-promotrice dell’iniziativa. Settimo da piccolo paesino è diventata nel corso del ‘900 meta di imponenti flussi migratori che ne hanno cambiato i lineamenti: prima i piemontesi delle vicine campagne, poi veneti, emiliani e infine, ma la storia non è certo finita, la grande ondata meridionale. Qui, come in tutto il Nord, si sono posti in tal modo i concretissimi problemi di città cresciute all’improvviso, troppo, troppo in fretta e con tutte le tradizionali questioni legate alla comparsa di uomini e donne con culture e visioni talvolta molto diversi da quelli dei residenti. Giustamente Corgiat, ex sindaco della città, rileva come l’esperienza del passato possa e debba diventare modello per le buone pratiche da applicarsi verso i nuovi movimenti migratori. La storia dell’emigrazione e, oggi, anche dell’immigrazione, per l’Italia non è affatto conclusa.