ANNO XVIII Settembre 2024.  Direttore Umberto Calabrese

Mercoledì, 21 Settembre 2016 03:11

Scandalo Petrobras: l'ex presidente Lula da Silva rinviato a giudizio per corruzione e riciglaggio

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Brasilia (Brasile) - Luiz Inacio Lula da Silva è stato rinviato a giudizio. L’ex presidente del Brasile è accusato di corruzione e riciclaggio nell’ambito dell’inchiesta denominata ‘Autolavaggio’ sui fondi neri Petrobras.

Mercoledì scorso il pubblico ministero federale aveva presentato la denuncia contro l’ex capo di Stato (in carica dal 2003 al 2010). Denuncia che è stata accettata dal giudice Sergio Moro.

Secondo l’accusa, Lula avrebbe intascato tangenti per un valore di un milione di dollari da due società di costruzioni (la BTP e la OAS) che in cambio avrebbero ottenuto ingenti appalti governativi. Le due aziende avrebbero anche garantito a Lula la ristrutturazione di alcune proprietà sue e della sua famiglia. Per l’ex presidente ora potrebbero scattare le manette.

il pubblico ministero Deltan Dallagnol ha dichiarato che Lula è stato accusato di corruzione e riciclaggio nell’ambito dell’inchiesta ‘Lava Jato’, sui fondi neri e le tangenti legate al colosso petrolifero Petrobras. Un sistema, secondo i magistrati, che avrebbe causato perdite agli azionisti di Petrobras superiori ai 12 milioni di dollari (circa 10 milioni e mezzo di euro).

“Lula era il direttore di un’orchestra criminale. Lo schema di Petrobras consentiva di mantenere al potere il Partito dei Lavoratori attraverso pratiche illecite”, ha detto Dallagnol in conferenza stampa. Il magistrato ha inoltre definito quelli guidati da Lula dal 2003 al 2010 come “governi della tangentocrazia”.

In base alle anticipazioni fornite ai media locali, le denunce riguardano presunte irregolarità nella ristrutturazione di un attico di lusso a Guarujà, sul litorale di San Paolo, di cui l'ex capo di stato ha sempre negato la proprietà. L'intestazione dell'immobile alla società costruttrice Oas secondo la magistratura sarebbe invece fittizia, un escamotage per nascondere una tangente.

Lo scandalo Petrobras, paragonabile a Mani Pulite in Italia, è stato anche la causa della destituzione poche settimane fa di Dilma Rousseff, scelta da Lula come successore e messa in stato d’accusa dal parlamento per aver nascosto falle nel budget per favorire il suo partito, scatenando l’ira degli elettori che vivono la peggior crisi economica del Brasile dagli anni Trenta.

Il mito di Lula in bilico

Il declino di Lula e del Pt, da lui fondato negli anni Ottanta, è stata drammatica. Il giovane leader del sindacato che guidò gli scioperi di massa contro il regime brasiliano, contribuendo alla sua caduta, fu eletto presidente nel 2002, dopo tre campagne elettorali fallite.

Primo rappresentante delle classi popolari alla presidenza della nazione, le politiche sociali di Lula permisero a milioni di brasiliani di uscire dalla povertà. Quando terminò il doppio mandato nel 2010, con un tasso di gradimento dell’83 per cento degli elettori, Lula consegnò a Rousseff un paese con una crescita del 7,5 per cento annuo.

Ma due anni dopo, iniziò a diventare pubblica l’inchiesta Petrobras, e tra le indagini dei magistrati e le fughe di notizie, la sua figura cominciò a vacillare, mentre i brasiliani diventati classe media iniziavano a mostrare insofferenza per le politiche di sinistra del Pt, mentre la crisi economica faceva sentire i suoi effetti.

In molti hanno iniziato a dubitare che Lula non sapesse nulla del diffusissimo sistema corruttivo istituzionalizzato intorno al colosso petrolifero Petrobras.

Nonostante, recenti sondaggi mostrano che il Pt e Lula erano ancora i favoriti nelle prossime elezioni parlamentari. Ora questa incriminazione è un colpo troppo duro da sostenere anche per il mito di Lula.

L’America Latina marxista si sta sbriciolando sotto la corruzione e il mal governo uno dopo l’altro i paesi che erano solo qualche anno fa invincibili elettoralmente vediamo che hanno perso il sostegno del popolo e andata così in Argentina ed ora Cristina è sotto accusa in diversi procedimenti di presunta corruzione, il Perù ha cambiato rotta, e naviga verso il liberalismo, in Bolivia il popolo ha detto no a Evo Morales, e vedremo come andranno le prossime elezioni. In Venezuela Maduro resiste a colpi di ritardi procedurali, ma il referendum revocatorio è alla porta, se si effettuerà entro il 2016 come richiedono le opposizioni il voto popolare archivierà il chavismo, altrimenti resisterà con il vice presidente sino al 2019 in una situazione di crisi totale che sta paralizzando l’ex Paese più ricco dell’America Latina, che ora soffre una crisi umanitaria, alimentare, sanitaria ed economica, ma soprattutto politica. Di queste ore l’aumento dei contrasti con il Mercosur, i Paesi fondatori Argentina e Brasile in primis non hanno accettato di far svolgere al Venezuela la presidenza pro tempore del Mercosur, mentre Maduro rivendica che la sta esercitando.

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