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Martedì, 16 Aprile 2019 00:00

Taranto - Da un quarto di secolo inutilizzate le acque dei depuratori Gennarini e Bellavista. Legambiente: “Cosa bisogna aspettare ancora?"

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Nell'ormai lontano 1994 fu finanziata, e successivamente realizzata con lavori ultimati nel 1997, la condotta che doveva portare le acque affinate degli impianti reflui civili dei depuratori Gennarini e Bellavista allo stabilimento siderurgico di Taranto, per essere utilizzate nei processi di raffreddamento degli impianti.

In tal modo si sarebbe evitato il prelievo per usi industriali delle acque del Sinni, liberando una portata d'acqua pari a 250 litri al secondo. A valle di questa condotta fu installato un impianto di super affinamento per rendere le acque idonee all'uso industriale.

L'ormai ex Ilva, oggi ArcelorMittal, per il raffreddamento dei suoi impianti e per necessità di processo, utilizza infatti ingenti quantità di acque prelevate da varie fonti: Mar Piccolo, Tara, Sinni, Fiumicello, ma anche da 32 pozzi. Di contro le acque reflue trattate dei depuratori Gennarini e Bellavista vengono scaricate a mare. E nella regione, come sottolineato dall'Arpa Puglia, il fenomeno del depauperamento delle risorse idriche sotterranee assume proporzioni preoccupanti: occorre quindi mirare ad una generale riduzione del prelievo da ogni fonte. Le acque dei fiumi Tara, Sinni e Fiumicello, prelevate in ingenti quantità dall'Ilva, risultano infatti sempre più strategiche per garantire l'approvvigionamento idrico per uso civile ed agricolo in particolare durante l'estate.

L'A.I.A. Ilva del 2011, recependo le indicazioni della Regione Puglia, ha prescritto all'azienda siderurgica l'uso dei reflui depurati ed affinati provenienti dai depuratori Gennarini e Bellavista in luogo delle acque del Sinni attualmente impiegate per il suo processo produttivo.

Il Piano Ambientale del 2014 fissò in 24 mesi dalla stipula dei previsti accordi con la Regione Puglia (necessari per disciplinare ai sensi del DM 185/03 le modalità di gestione degli impianti e la relativa contribuzione annuale fissa al costo di gestione a carico dell'azienda) i tempi di esecuzione dell'intervento.

L'ex Ilva si è sempre opposta a questa soluzione. Ha anche intentato un ricorso presso il Tar di Lecce, avverso il quale Legambiente si costituì ad opponendum, perdendolo. Ha inoltre presentato, a suo tempo, istanza per la realizzazione di un nuovo impianto dissalatore dell'acqua del fiume Tara, in sostituzione dell'acqua del Sinni attualmente impiegata ed in alternativa all'utilizzo dell'acqua proveniente dai depuratori comunali.

Legambiente ritiene che occorra procedere con urgenza all'esecuzione della prescrizione AIA in tempi rapidi superando ogni resistenza e impedimento: è scandaloso come, nonostante siano trascorsi otto anni dal rilascio della prima AIA, ancora essa non sia stata attuata.

In questo modo si libererebbe la città di Taranto dalle problematiche collegate al malfunzionamento della condotta sottomarina del depuratore Gennarini, ormai in uno stato di grave degrado, si limiterebbe il ricorso alle acque di falda e, con le acque del Sinni non più prelevate dall'azienda, valutabili in 15 milioni di mc annui, si potrebbe finalmente risolvere il problema del riempimento dell'invaso Pappadai a scopo irriguo, senza inaccettabili riduzioni della portata del fiume Tara ed emungimenti praticati dai pozzi interni allo stabilimento.

Si eviterebbe lo spreco di denaro pubblico connesso al mancato utilizzo delle opere già realizzate sinora e si darebbe un senso alla presenza, tra i progetti in attuazione con il CIS di Taranto, del "Completamento del progetto dell'utilizzo industriale (ILVA) delle acque reflue di Taranto per uso potabile ed irriguo". Sul sito della "Struttura di missione per il coordinamento degli interventi di sviluppo nell'area di Taranto" il progetto è infatti indicato come specifico intervento di realizzazione di un impianto di ultra-affinamento delle acque reflue civili trattate nell'impianto di depurazione di Taranto Bellavista e del collettamento delle stesse fino all'area dello stabilimento siderurgico ILVA, al fine di riservare all'uso potabile ed irriguo le acque del Sinni e del Tara; l'amministrazione indicata quale responsabile delle risorse finanziarie è la Regione Puglia, soggetto attuatore Acquedotto Pugliese.

E' passato un quarto di secolo dall'inizio di questa storia: è ora di scrivere la parola fine. Cosa bisogna aspettare ancora? (fonte legambiente)

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