Ora che Salvini, furbescamente, cambia obiettivo e se la prende con Rom e immigrati, fa emergere un razzismo anche nel profondo Sud, che si dimentica di Bossi e applaude allo xenofobo ultras che ha superato il Cavaliere nei consensi. Non ci sto, per cultura, tradizione, esperienza, coscienza, e come la volete la chiamate.
Io ricordo che quando, in Cgil, parlavo di poveri campesinos del Nicaragua, ovvero un paese del quarto mondo, come si diceva allora, e delle iniziative che si stavano prevedendo con l’aiuto della Provincia, un collega segretario degli edili, mi diceva, “con tutti i problemi che abbiamo qui”.
Era mancanza di empatia, semantica, confronto, condivisione? Oppure era la solita risposta che sposta la discussione dal tema, iniziativa di solidarietà con i nicaraguensi, resettando il discorso?. Non se a voi è mai capitato di parlare di qualcosa e di dover rispondere di tutt’altro, che magari in quel momento non avete approfondito, magari solo per raccogliere le idee. E’ quella chiusura che oggi avviene quando si parla di emigranti. Poi scatta quello che i latini dicevano che nella “conversazione non si deve mai mettere in imbarazzo l'interlocutore” e tutto si archivia o si litiga.
Invece qui voglio parlarne con il gusto dell’analisi e della ricerca, su un fenomeno che è tutto da considerare nella sua ampiezza problematica, senza enfasi, ma con grande serietà.
Sulla migrazione i dati parlano di cifre ben precise, meno di 50 mila persone, di cui la metà scappano da zone di conflitto e quindi sono sfollati, profughi, l’altra metà sono migranti per fame. Si leggono espressioni davvero ciniche quando si affrontano questi temi. In ogni epoca del mondo, passata e in quella futura, ogni guerra determinerà profughi. E le condizioni di assuluta miseria spingono ad emigrare.
Ho ascoltato in diretta, l’altro giorno, su Radio Capital, l’intervista di Vittorio Zucconi a Regina Catrambone, un’italiana sposata con lo statunitense Christopher, con una figlia adolescente. Una famiglia normale, titolari di una agenzia di assicurazione con sede a Malta. La straordinarietà di questa giovane donna, (qui nella foto presa dal suo sito) che, a mio avviso, le potrà valere il Nobel per la Pace, sta nel fatto che di aver costituito, insieme al marito una ONG italo-americana registrata (VO/0939) con sede a Malta. Si chiama MOAS (Migrant Offshore Aid Station) che ha l’obiettivo di prevenire le morti in mare fornendo assistenza ai migranti che attraversano il Mar Mediterraneo in condizioni molto precarie, su barconi privi di ogni dotazione di sicurezza.
Per fare questo, la ONG, che dichiara di aver fatto tutto dopo gli appelli del Papa, si è dotata, nientemeno, di una nave da spedizione Phoenix, lunga 40 metri (figura in copertina), due droni S100 camcopter, due RHIB (gommoni a scafo rigid) e una squadra di soccorritori con personale sanitario di provata esperienza. Il progetto – finanziato da privati che credono fortemente nella possibilità di ridurre il numero delle tragedie in mare – è diretto da Martin Xuereb ex Capo di Stato Maggiore di Malta, ed è affiancato da un Consiglio Direttivo composto da professionisti con competenze varie.
Moderni samaritani, come li definisce il Guardian, lanciati in una missione umanitaria nel mediterraneo, che finora, come affermano nel loro sito, ha consentito il salvataggio già di 6921 persone in mare.
Durante la telefonata-intervista, nella redazione del giornale del radio del gruppo editoriale Repubblica/Espresso, arrivavano messaggi del tipo: “se li salva se li tenga”. Ecco il Salvini servito condito in salsa razzista in giro nella rete.
Si parlava prima di numeri. Al di là di questo impegno volontario che mostra un'Italia diversa da quella che segue Salvini, l’operazione Mare Nostrum è costata 110 milioni, ma ha consentito di salvare più di i 94 mila i migranti, tra cui 9 mila minori, recuperati dalle navi della Marina Militare; 330 gli emissari dei trafficanti di esseri umani assicurati alla giustizia; cinque "navi madre" sequestrate. La Marina Militare, che ha sicuramente mostrato al mondo un alto valore umanitario, ha utilizzato 32 navi, 2 sommergibili, elicotteri, aerei. I numeri gestiti nel paese sono più di 20 mila i siriani, almeno 30mila gli eritrei, e poi altre migliaia dall’Africa Subsahariana, dalla Palestina, dall’Iraq. Accogliendo l’invito di papa Francesco la Chiesa italiana, attraverso conventi, locali parrocchiali, centri di accoglienza, ha dato ospitalità a quasi ventimila persone, con in prima linea la Caritas Italiana che si è fatta carico di 15mila migranti.
Il mediterraneo è la tomba della speranza, in 14 anni sono oltre 23 mila le persone morte nel tentativo di raggiungere l’Europa, attraverso l’Italia. E’ questo fatto di essere costa europea, lo ha anche ribadito il premier Renzi. Come sono distribuiti i migranti nel Paese? Attualmente gli immigrati presenti sul territorio nazionale censiti dal ministero dell’Interno sono 78 mila 784. Di questi 48.437 sono ospitati in strutture temporanee. La regione che ne accoglie di più, secondo i dati aggiornati al 18 giugno 2015, è la Sicilia con il 19% del totale. A seguire il Lazio con l’11%, la Lombardia 10%, Puglia e Campania a pari merito con il 7%. Questa sarebbe la marea che sommerge un paese in crisi? Questo distoglie risorse destinate ad altri problemi? Questi tolgono lavoro?
Qualcuno dice, durante la trasmissione Radio Capital, di cui parlavo all’inizio, che l’Europa non potrebbe sopportare l’invasione dell’Africa. Ma siamo davvero fuori di senno? Un continente di un miliardo e mezzo di persone ha davvero questa urgenza? In tutti i conflitti presenti in quell’area con il famigerato Boko Haram i paesi sono coalizzati per combattere il terrorismo e si gestiscono gli sfollati. Sono 27 milioni i rifugiati aiutati dall’Alto Commissariato per i rifugiati. Come si può notare il raffronto con quello che arriva in Italia, quella che abbiamo citato sarebbe la “marea” che arriva.
Per parlare di risorse, possiamo davvero metterle sul piano delle convenienze? Infine sul lavoro va detto che il migrante, nella storia, non ha mai tolto il lavoro, ma ha occupato il vuoto lasciato dai residenti. All’inizio del secolo scorso i primi emigranti italiani, pulivano i cessi delle stazioni tedesche, e siamo parlando dell’Europa. Cosi come oggi, nella raccolta del pomodoro in Campania sono migliaia i lavoratori di colore impegnati, come in tutti i lavori agricoli pesanti abbandonati dagli italiani. Come nell’industria nel Nord a occupare lavori demansionati che non vuole fare nessuno. Siamo nella sfera dei diritti umani universali, mentre spesso ci troviamo nel nostro piccolo a discutere dei diritti civili. L’Europa è, oggi, difronte ad un vero e proprio bivio con il pericolo, dopo 26 anni del ritorno dei muri.