Tuttavia, indipendentemente dagli oneri per l’accesso ai benefici, un ostacolo fondamentale per l’attività di impresa è dovuto ai costi degli adempimenti previsti dalla normativa in continua evoluzione. Per le piccole medie imprese tali oneri sono proporzionalmente non sostenibili e nell’Unione europea il 99% delle imprese sono PMI.
Parliamo di richieste di autorizzazione, presentazione di documenti e relazioni, effettuazione di comunicazioni, tenuta di registri, conservazione di atti e documenti, da esibire su richiesta o da assoggettare a verifica.
Ai fini della better regulation, già nel 2006 la Commissione Europea aveva avviato un programma di azione diretto alla riduzione del 25% degli oneri derivanti dalla legislazione comunitaria, entro il 2012, obbiettivo in seguito raggiunto. Furono anche invitati gli Stati membri ad adottare analoghi target a livello nazionale. Con il decreto Taglia-oneri del 2008 il Governo Italiano ha previsto l’adozione di un programma e di strumenti di misurazione, in cui ha un ruolo prioritario la misurazione degli oneri amministrativi, attraverso la metodologia dello “Standard Cost Model” (SCM) adottata dalla Commissione Europea. Le attività sono svolte dall’Ufficio della Semplificazione Amministrativa del Dipartimento della Funzione Pubblica, con l’assistenza dell’ISTAT.
Il modello SCM prevede l’individuazione degli oggetti da misurare, gli obblighi informativi, scomposti in azioni più elementari chiamate attività amministrative, necessarie per l’assolvimento dell’obbligo. Per ogni attività amministrativa sono individuati i parametri di costo rilevanti, articolati in costi interni del personale, per gli adempimenti, costi per spese generali (overheads costs), altri costi per l’acquisto delle attrezzature necessarie, ad esempio un software dedicato, e costi esterni per l'affidamento parziale o totale di tali attività amministrative a soggetti esterni.
La somma di tali costi determina una stima approssimativa del costo sostenuto dall’impresa per adempiere l’obbligo informativo.
Nel 2011 lo “Statuto delle imprese” (legge n. 180 del 2011) ha previsto uno strumento di quantificazione degli oneri introdotti ed eliminati, il “bilancio degli oneri”, prevedendo un meccanismo di bilanciamento (il “regulatory budget”): non possono essere introdotti nuovi oneri senza che siano contestualmente ridotti o eliminati altri oneri, per un pari importo stimato, con riferimento ad un anno solare. Inoltre prevede uno strumento di “compensazione” che opera automaticamente: il Governo adotta, entro novanta giorni dalla pubblicazione della Relazione sul bilancio, i provvedimenti necessari a “tagliare oneri di pari importo”, assicurando il pareggio di bilancio.
Nel periodo 2008-2012 l’attività di misurazione degli oneri amministrativi ha riguardato 93 procedure ad alto impatto, relative a nove aree di regolazione, ed ha consentito di stimare costi amministrativi per le PMI pari a 30,98 miliardi di euro.
Tuttavia non si è avuto quel salto di qualità necessario per raggiungere l’ambizioso obiettivo della cosiddetta “riduzione della burocrazia”.
Nella relazione sul bilancio annuale degli oneri amministrativi introdotti ed eliminati per il 2018, sesto anno di applicazione, si osserva che le difficoltà nelle attività di quantificazione degli oneri derivano, soprattutto, dall’individuazione dei destinatari; risulta più agevole, invece, la stima dei costi unitari anche grazie ad apposite Linee guida per l’elaborazione delle stime. Inoltre si osserva che sarebbero necessarie altre competenze, rispetto a quelle strettamente giuridiche, che in molte amministrazioni sono ancora prevalenti.
Tuttavia occorrerebbero appositi correttivi dello strumento: estendere l’ambito di applicazione del bilancio ai provvedimenti in materia di fisco, a forte impatto per i destinatari; analizzare anche atti normativi di “soft law” (circolari esplicative, linee guida, etc ),il tutto in una prospettiva pluriennale.
Il periodo di contabilizzazione è di un solo esercizio, l’anno solare, quindi si rischia di tenere fuori dal bilancio gli oneri di provvedimenti attuativi di norme di anni precedenti. Si rileva anche che occorrerebbe dare evidenza all’introduzione degli ulteriori adempimenti e oneri (c.d. goldplating) per il recepimento di direttive europee; infine occorrerebbe ampliare l’ambito soggettivo del bilancio andando oltre le amministrazioni centrali.
Sarebbe inoltre più efficace l’utilizzo del linguaggio proprio di un bilancio, considerando non solo il saldo complessivo, ma l’andamento delle singole poste di bilancio, quindi non solo l’analisi della numerosità dei provvedimenti ma del loro singolo impatto.